A Siracusa “L’aria è cambiata”?

A Siracusa da un po’ di tempo e per dell’altro ancora c’è uno specialista antimafia che ha dovuto imparare presto e bene a scacciare i veleni, oltre che i fantasmi. Prima di tutto da casa sua, perché Fabio Scavone procuratore facente funzione ha ereditato un Palazzo ben più che lambito dagli schizzi di fango (e non solo) del cosiddetto “Sistema Siracusa”.

Un problema di una complessità estrema, perché riguarda più aspetti di un comprensorio vasto circa 35 chilometri, che comprende Priolo, Augusta, Melilli e la stessa Siracusa. Toccando terra, aria e acqua.

Infatti, le questioni sul nostro tavolo riguardano l’inquinamento atmosferico, marino, terrestre e la dismissione di impianti industriali. E poi c’è una specie di indotto culturale: in un contesto degradato pullulano decine di discariche abusive. La gente, dove vede inquinato, si sente quasi legittimata a buttare qualsiasi cosa”– dichiara Scavone. “I sigilli agli impianti, i 19 indagati per reati ambientali, le prescrizioni per rimettersi in regola (presto: entro 90 giorni il piano, anche perché non si possono fermare da un giorno all’altro; un anno per i lavori). Un altro tassello di un puzzle polverizzato. Quest’indagine riguarda soltanto un segmento dell’inquinamento dell’aria. Tutto ciò, non è un limite ma una necessità, per fare le cose per bene” – continua Scavone, consapevole, comunque, di aver dato una spiegazione alla domanda che i siracusani, nelle mattine in cui tira vento da Nord, si pongono da decenni: “Ma ‘sto fetore, cos’è?”. La risposta, parziale ma già sostanziale, sta nel faldone con le perizie degli esperti che lavorarono al caso Ilva. “Cose noiosissime per voi giornalisti in cerca di scandali e intercettazioni, ma è un lavoro ben fatto”, continua a dire il procuratore, quasi scusandosi di non essere “Uno che cerca il titolo ad effetto o che fa interventi-spot”. Niente proclami.

Ma, allora, Scavone è il nuovo Guariniello di Siracusa?

La risposta data da Scavone è gelida: “Guardi che l’accostamento, sicuramente esagerato, non mi offende. Il collega Guariniello è una persona di grande equilibrio e di sostanza giuridica”.

E il lusso della soddisfazione di aver dato una speranza ai cittadini se lo concede o no? Il procuratore afferma: “Abbiamo cercato di dare una risposta. senza la presunzione di dire: tutto risolto, adesso l’aria del Petrolchimico è pura!”.

C’è un nesso fra ciminiere e morti, fra inquinamento e tumori?

“Una questione aperta. Un’altra delle domande a cui è nostro dovere dare una risposta. Ma non riguarda quest’indagine”.

Anche il predecessore, Francesco Paolo Giordano, aveva seminato molto. Né sarà l’ultima. Dopo “Un fiorire di esposti, segnalazioni, denunce di cittadini e associazioni, anche troppe per riuscire a tenere il punto. E soprattutto con un livello di aspettative molto alto. Forse eccessivo”. La Procura non dichiara guerra ai petrolieri. Dichiara Scavone, “Svolgiamo il nostro ruolo, qui non ci sono predestinati sul banco dei colpevoli”. Del resto, ammette, quelle ciminiere in uno dei litorali più suggestivi dell’Isola “non ce li ha portate nessuno con un’occupazione manu militare, ma sono arrivate con la promessa di benessere, ricchezza, lavoro”.

La storia di una terra meravigliosa e maledetta. Ma anche, afferma Scavone: “l’eredità di decenni in cui, in assenza di regole, ognuno si sentiva autorizzato a fare tutto ciò che voleva, compreso dare un cartone di latte come “integrativo” agli operai impegnati nei reparti più a rischio”. Adesso, però, le regole ci sono. E a quanto sembra sono state platealmente violate. Senza che nessuno se ne accorgesse? Ci voleva, come spesso succede, l’intervento della magistratura per sanare una situazione che era davanti agli occhi (e soprattutto dentro le narici) di tutti? “Noi perseguiamo reati e non siamo i supplenti di nessuno”, taglia corto Scavone. Pur ammettendo, a denti stretti, che “alcune inerzie, da parte degli organi di controllo di Ministero e Regione, sono riscontrabili”. Ispra e Arpa sotto accusa? “Diciamo che ci vorrebbe una maggiore attenzione, oltre che un potenziamento”.

Puzza, ma non soltanto. Perché in questa città – avvelenata da miasmi olfattivi e tossine politico-giudiziarie – il rischio è di diventare dei Don Chisciotte contro i mulini alimentati dal vento di inquinatori, affaristi, cementificatori, palazzinari. “È un problema di cultura, di comportamenti”, è l’unica ammissione smozzicata dal procuratore. Quasi sussurrando, come esempio “la vicenda della discarica Cisma, ben gestita dai colleghi di Catania”. E poi, in un sussulto sommesso, tornando alla cronaca viva nel ricordare che “fino a poco tempo fa gli interessi legali del gruppo Eni qui erano curati da un certo avvocato Amara”. Un nome, una marca, una garanzia.

“Questa Procura ha vissuto una stagione difficile”, ha dichiarato Scavone. Ma ora è tutto alle spalle, “grazie a un gruppo di magistrati giovani, competenti e affiatati”, ancorché costretti a sopportare “pesanti vuoti d’organico” oltre a “un’alta volatilità di colleghi che in media restano al massimo 5-6 anni”. Giusto il tempo per specializzarsi “in reati di un tecnicismo estremo, come quelli ambientali” e lasciare che i nuovi ricomincino il training.

Allora quella contro i poteri forti è una battaglia persa in partenza? “No”, risponde secco Scavone, che si sente di rappresentare “una generazione che non ha bisogno di motivazioni per fare il proprio dovere”. Magistrati che non si sentono pervasi da alcuna missione, ma che allo stesso tempo hanno la schiena abbastanza dritta da non cedere ad alcuna lusinga. Tutto ciò ha avuto bisogno di 5 anni di silenzi e forse anche di connivenze venute fuori da un’assenza totale di interventi da parte della politica che gioco forza ha condizionato anche la magistratura con la scusa che era difficile individuare le fonti dell’inquinamento visto la dimensioni e la varietà di aziende esistenti nel più grande petrolchimico d’Europa. Tutto ciò è diventato una grande farsa, non si voleva risolvere il problema, si è avuto paura di schierarsi contro i poteri forti, chi ha toccato i fili è morto. Non tutti però! (per fortuna).

Da oltre 15 anni nel quadrilatero della morte la dottoressa Nicotra, prima, e l’associazione Terramare, dopo, hanno iniziato una guerra impari contro le aziende inquinanti, contro la politica connivente, contro la magistratura assente.

Era il 2 aprile 2014 quando la dottoressa Nicotra analizzando il problema dell’inquinamento dell’aria nel quadrilatero siracusano dichiarò che esso era molto più grave di quanto dichiarato dall’Arpa.

Infatti, analizzando i dati delle centraline della provincia regionale di Siracusa, dal 2009 al 2013, scoprì che Priolo è la città più colpita da Benzene e idrocarburi non metanici.

Su Melilli, invece, oltre al benzene e gli idrocarburi, riscontrò idrogeno solforato superiore a 7 µg/Nm3 (microngrammopernormalmetrocubo) che è il limite per la protezione della salute umana.

Si evidenziarono gli anni: 2011 e 2012 in cui la popolazione e’ stata costretta a respirare, oltre che a morire di puzza di uovo marcio, 75 µg/Nm3 di H2S (acido solfidrico).

Le concentrazioni giornaliere di Benzene con picchi orari più’ significativi furono registrate maggiormente a Priolo – afferma la dottoressa Nicotra- nei mesi di marzo e luglio, a volte gennaio e dicembre per quanto riguarda l’anno 2009.

Non ci fu ora del giorno in cui i cittadini non respirammo a pieni polmoni concentrazioni di Benzene oltre la soglia cancerogena, che secondo la letteratura scientifica (Crump & Allen 1984; Paxton et al. 1994) è di 0,26 mg/m3, corrispondenti a 260 µg/m3.

In particolare, considerato il limite cancerogeno, di cui sopra, si attenzionarono alle autorità competenti giorno: 8 marzo 2013, in cui per 19 ore consecutive da mezzanotte alle ore 19 fummo costretti a subire 717 µg/m3 di Benzene, cioè 0,717 mg/m3. Inoltre, contemporaneamente al Benzene, riscontrai, solo in quelle ore, un totale di 4119 µg/m3 di idrocarburi non metanici (Voc). Cioè, una concentrazione oraria di circa 216 µg/m3.

Esaminando i dati di un’ altra stazione di Priolo denominata “Priolo Scuola” (a ridosso della ex Enichem) furono rilevati (sempre nelle stesse ore di giorno 8 marzo) 4286 µg/m3 di idrocarburi non metanici, cioè una concentrazione oraria di 225 µg/m3 che, se sommati a quelli precedenti dell’altra stazione, di cui già detto, diventano 441 µg/m3 l’ora di idrocarburi non metanici. Il che è fin troppo cancerogeno.

Ma la cosa che mi spaventò e mi sorprese di più fu che le centraline della ex provincia dovrebbero essere spente solo 12 giorni l’anno per manutenzione, invece, così non è stato.

Infatti, Per quanto riguarda quelle del Benzene della stazione di Priolo, notai che, nel 2013, esse furono spente per 162 giorni su 365 dell’anno solare. Nel 2012, invece, per 65 giorni. Nel 2011, per 108 giorni. Nel 2010, per 182 giorni. Nel 2009, addirittura, per 204 giorni.

Per quanto riguarda, invece, le centraline del Benzene della stazione di San Cusumano (Melilli) riscontrai che nel 2013 risultarono spente per 91 giorni su 365 dell’anno solare. Nel 2012, per 87 giorni. Nel 2011, per 79 giorni. Nel 2010, per 87 giorni. Nel 2009 per 81 giorni.

Tutto ciò non mi sembrò un fatto normale e cominciai a denunciare in varie procure tali anomalie. Da lì a poco fui chiamata dal vice questore di Priolo, il quale dopo aver verificato tali dati in loco, venne trasferito con una bella promozione oltre lo stretto di Messina.

Il 26 settembre del 2014 fui invitata anche in Commissione Ambiente dell’Ars, ove con molta franchezza dissi all’allora assessore al ramo Mariella Lo Bello che urgeva un decreto regionale ad hoc per regolamentare i limiti orari del Benzene, dei solfuri e degli idrocarburi non metanici di derivazione raffinerie, perché ad oggi non esiste un decreto che fissa valori limiti giornalieri di queste sostanze cancerogene e tossiche. È come se l’inquinamento rilevato derivasse solo dal traffico urbano.

Quel giorno la mia proposta venne accettata dalla Lo Bello, un mese dopo, inviai persino il decreto al presidente di Commissione, ma da allora ad oggi non sono più stata invitata in nessun’altra audizione. E del decreto non seppi più nulla, nonostante lo pubblicai al convegno (luglio del 2014) de il Popolo inquinato alla presenza di varie autorità tra cui l’ex procuratore Giordano”.

Questo quanto dichiarato dalla dottoressa Nicotra.

Adesso, la dottoressa Mara Nicotra, attraverso la sua pagina FB fa un appello al nuovo procuratore Scavone e anche a noi, chiedendo un incontro, perché ha la soluzione di come eliminare le puzze cancerogene senza far chiudere le fabbriche ma soprattutto vuole conto e ragione del perché non si incriminano gli attori e le comparse che hanno rubato i soldi delle bonifiche del Sin di Priolo e chi non ha mai fatto funzionare il piano di risanamento ambientale.

Queste sono le sue ulteriori dichiarazioni:

Mi corre l’obbligo di fare un plauso alla procura di Siracusa per aver sollecitato ancora una volta gli impianti che, come previsto dalle AIA del 2011, avrebbero già dovuto mettere a norma le emissioni odorigene, ma consentitemi di dire testuali parole: “Vero è che chi “inquina deve pagare”, ma chi legifera e non fa i controlli dovrebbe pagare per 3 volte. Non è possibile che ad oggi manca un vero e proprio sistema di monitoraggio conseguito da un piano di risanamento ambientale qualità dell’aria, nonché un decreto regionale ad hoc che misuri i limiti orari giornalieri di acido solfidrico, benzene e idrocarburi non metanici, alias sostanze odorigene cancerogene e mutagene per l’ambiente e la salute pubblica.

La classe politica deve cambiare sul vero senso della parola, basta con passerelle in occasione di elezioni, basta con slogan ambientalisti, basta corruzione, basta ricatto lavoro, basta sindaci e sindacalisti venduti ai poteri forti. Adesso ci vogliono i fatti e le condanne per chi non esercita il proprio dovere e per chi non si assume le proprie responsabilità.

Ci sono tante zone in Europa e nel mondo dove con le raffinerie si può convivere perché rispettano non solo il posto di lavoro bensì i limiti di emissione, non vedo perché nel sud Italia e soprattutto nel sin di Priolo non si vuole investire neanche sulle bonifiche che a quanto pare sono ferme al palo dal 1998. E’ una vergogna senza precedenti. Una mistificazione di dati continua. Un blocco inspiegabile anche del perché non si riescono a trovare i soldi per bonificare la rada, i pozzi, le falde acquifere, appurato che dal 2005 in poi, dopo l’operazione mar Rosso effettuata dalla procura di Siracusa, sono stati stanziati oltre 770 milioni di euro per le bonifiche del Sin di Priolo e 100 milioni delle vecchie lire nel 1995 per l’attivazione del piano di risanamento ambientale sulla qualità dell’aria, che fino a poco tempo fa risultava nel sito web della regione siciliana il copia e incolla del Veneto.

Vorrei porre la solita domanda alla procura di Siracusa: perché ancora consentite agli industriali di stare all’interno delle centraline di monitoraggio aria, all’interno di un protocollo di intesa con la provincia e con l’arpa, ove l’interconnessione e intercalibrazione è solo sulla carta, ed ancora, perché esistono soltanto 2 centraline industriali (gestite da Arpa) per il petrolchimico, mentre tutto il resto rileva l’inquinamento urbano”?, stavolta, però, vorrei una risposta celere e risolutiva”.

 

 

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