Un dibattito aspro, senza esclusione di colpi, questo è stato il confronto che si è svolto oggi pomeriggio all’interno dell’auditorium  Carta di Melilli tra l’on. Massimo Artini  presidente nazionale di Alternativa Libera e deputato alla camera, nonché vice presidente della Commissione difesa ed il segretario provinciale del PD Alessio Lo Giudice che ha sostenuto le ragioni del sì.

Dicevamo del dibattito che ha avuto protagonisti proprio i due: Artini che ha sostenuto il No e il segretario del PD Lo Giudice che ha sostenuto le motivazioni del Si sul referendum costituzionale.

Gli intervenuti sono stati circa 60 cittadini che hanno sfidato il signorotto della zona. In un orario quasi impossibile per un dibattito, alle ore 16, ma possibile per rendersi conto della mistificazione che si sta svolgendo sotto gli occhi degli italiani. Lo scontro è tornato a concentrarsi sulla battaglia referendaria. “Votare No servirà a ridimensionare il signorino Renzi ha detto l’on. Artini, mentre di rimando Alessio Lo Giudice, con tono stucchevole, ha continuato a ribadire che la riforma ridurrà il numero dei parlamentari/senatori e quindi un notevole risparmio sui costi della politica.

Lo Giudice ha insistito tanto sui risparmi derivanti dalla riduzione dei duecento senatori, mentre Artini ha fatto rilevare che, se il PD e Renzi, avessero voluto, si sarebbero potuti risparmiare una barca di soldi, dimezzando gli stipendi e abolendo i vitalizi. Il tutto certamente senza passare dalla costituzione. Lo Giudice ha risposto ad una domanda di un cittadino che accusava il PD di voler spaccare gli Italiani, dicendo: “Non vogliamo spaccare l’Italia”, ha garantito, precisando che “questo è un referendum che porta al cambiamento“. Per Artini, però, “se vince il no, seriamente si può mettere mano a una riforma con l’elezione diretta del capo del governo e con il federalismo. La Costituzione si cambia, ma in meglio e non in peggio”. Ma a giudizio di Lo Giudice, il 4 dicembre è un’occasione irripetibile. Mentre, Artini sostiene che, bocciato il referendum, si fa un’altra riforma. Ricominciare daccapo? Vorrei sapere – ha affermato l’esponente del Pd – con quali partiti approva una riforma per l’elezione diretta del premier. E in quali tempi. Noi ci abbiamo messo due anni per approvarla, perché questi sono i tempi che detta la Costituzione”. Insomma: “Dire ai cittadini di votare No – ha proseguito Lo Giudice,  con la falsa promessa che tra 6 mesi si avrà una nuova riforma è una bugia”. Ma Artini non è stato persuaso, e ha rilanciato: “Io mi fido più di quel che dice il prof. Gallo piuttosto che di quello che dice Benigni. Questa riforma è fatta male e votando No potrei mandare a casa Renzi, io approfitto. Che posso volere di più?. Porre fine a questo governo”.

L’avvocato Marino intervenuto nel dibattito, eccepiva la sussistenza dei seguenti aspetti a favore del No:

1 ) Imotivi del disavanzo di bilancio, sono dovuti per il 99% a fattori di corruzione e solo per l’1% ai costi della politica, secondo uno studio diffuso dal sole 24 ore, cosiddetto rapporto Baldassare;

2) Il superamento del bicameralismo perfetto, porterebbe  nell’attuale sistema, ad uno strapotere del governo Renzi  e cioè, al premio di maggioranza si aggiunge la riforma che porta di fatto una maggioranza relativa a contare, con una percentuale del  90%;

3) Una riforma alla tedesca  male imitata non può applicarsi al nostro sistema multipartitico, che in assenza di contrappesi, come la Germania, trasformerebbe la democrazia in dittatura a favore di Renzi.;

4) Con questo sistema ben 100 deputati vengono scelti dai partiti, poiché imposti come bloccati in quanto primi della lista che influiscono sulla scelta degli altri; occorre dare la libera scelta ai cittadini con le preferenze senza imposizione dall’alto;

5) Questo sistema non snellisce l’attuale, siamo il paese più prolifero  in tema di legislazione, con un tempo medio di approvazioni delle leggi in circa 60 giorni; quando si vuole, le leggi vengono approvate celermente, quando non si vuole, si perde tempo, come la legge anticorruzioni, con oltre 1550 giorni;

6) La riforma porterebbe un accentramento di poteri in capo al governo, anziché il decentramento previsto dai principi comunitari del trattato di Lisbona  e dai principi fondamentali della costituzione art. 117 e 11, oltre la causa di supremazia che permette al governo di legiferare;

7) Se la costituzione si può modificare, non si può stravolgere con la modifica di 45 articoli; la modifica và effettuata da una assemblea costituente considerata l’importanza della carta fondamentale e non solamente da una parte del PD;

8) Il problema non è la costituzione, ma una certa classe politica che va rottamata;

9 ) il problema è economico; Il governo dovrebbe applicare la teoria Kenesiana, fare investimenti e dare lavoro  e non dare la colpa alla costituzione che ha regalato la pacifica convivenza dal 1948 ad oggi.

 

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