Perforare i substrati in prossimità di vulcani o suoli di aree ad alto rischio sismico e’ molto pericoloso, perché uno dei metodi di estrazione del petrolio e del gas consiste nel provocare onde simili a quelle dei terremoti. E l’Italia, così come la Sicilia, essendo terre giovani, ricche di faglie e vulcani attivi, non dovrebbero essere trivellate. Infatti, si sconsiglia trivellare in zone vulcaniche e granitiche. Secondo la teoria del Wegener, che e’ la “Deriva dei Continenti, l’Africa, geologicamente parlando, tenderà ad unirsi, nuovamente, con l’Europa e l’Asia, inghiottendosi la Sicilia e accorciando l’Italia. Ogni anno, l’Africa si avvicina alla Sicilia, di circa 1 mm. Tale fenomeno sta cambiando il clima, infatti, il Mediterraneo, secondo gli esperti, si sta tropicalizzando. A dimostrarlo sono le oltre 600 specie ittiche, alghe e altri organismi marini, di provenienza del mar Rosso. Il recente terremoto dell’Aquila e, precedentemente, quello del golfo di Augusta, sono l’esempio che questo fenomeno geologico è già in atto. Ovviamente, i tempi geologici, affinché avvenga questa catastrofe, sono molto lunghi, ma vero è che le attività antropiche (trivellazioni, esplosioni ….) potrebbero accelerare tale processo. Ciò nonostante, il ministero, ha rilasciato 35 concessioni di estrazioni di idrocarburi, 79 piattaforme e 463 pozzi (Legambiente.it). Queste piattaforme, quasi tutte sono concentrate in prossimità di aree marine protette, come Pantelleria, Portopalo e Canale di Sicilia. Inoltre, dai dati prodotti, oggi si producono il 27% del totale del gas e il 9% del greggio estratti in Italia (il petrolio viene estratto nell’ambito di 4 concessioni dislocate tra Adriatico centrale – di fronte a Marche e Abruzzo – e nel Canale di Sicilia). La loro produzione nel 2015 è stata di 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di Standar metri cubi (Smc) di gas. I consumi di petrolio in Italia nel 2014 sono stati di circa 57,3 milioni di tonnellate. Quindi l’incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12 miglia è stata di meno dell’1% rispetto al fabbisogno nazionale (0,95%). Per il gas, i consumi nel 2014 sono stati di 50,7 milioni di tonnellate corrispondenti a 62 miliardi di Smc; l’incidenza della produzione di gas dalle piattaforme entro le 12 miglia è stata del 3% del fabbisogno nazionale. L’Italia è la Nazione che ha avuto più incidenti sulle proprie piattaforme, nonostante non ne tragga grandi quantità di petrolio o gas, e nemmeno importanti proventi dalle royalty. Negli ultimi 20 anni sulle nostre piattaforme i dati ufficiali parlano infatti di 1.300 incidenti. In Europa ne abbiamo avuti 9700. L’ultimo, domenica 13 marzo sulle coste delle isole Kerkennah, nella regione di Sfax in Tunisia, a 120 chilometri a sud di Lampedusa (http://www.beppegrillo.it/…/marea_nera_in_tunisia_dopo_linc…).Sono, spesse volte, incidenti che passano sotto silenzio, e possono riguardare molteplici aspetti dell’estrazione e del trasporto degli idrocarburi, conseguiti da inquinamento marino con effetti devastanti alla catena alimentare. Gli idrocarburi, così come i metalli pesanti, proprio perché possiedono caratteristiche persistenti, possono accumularsi nel tempo, seguendo quel flusso di energia che attraversa una catena alimentare, e a medio lungo termine, sono in grado, essendo tossici, cancerogeni e mutageni, di causare problemi di salute, non solo alle specie ittiche, bensì all’uomo, soprattutto alle donne gravide. Tumori e malformazioni cromosomiche e scheletriche sono le patologie più diffuse, sia nel mondo animale che in quello umano. Studi recenti condotti nella rada di Augusta (Nicotra 2007) hanno dimostrato come i fondali sono pieni di idrocarburi e metalli pesanti. Altri studi condotti sul pescato (Nicotra et alii, 2007; Nicotra, 2012) della rada, ma anche di alcuni paesi costieri calabresi, hanno confermato che il trasferimento di queste sostanze dal comparto abiotico, cioè dai sedimenti marini, al corpo di diverse specie ittiche, ha causato gravi malformazioni scheletriche a carico della colonna vertebrale. Nella rada, sono stati riscontrati pesci con la colonna vertebrale dalla forma ad S, a V e bifida (Nicotra et alii, 2007; Nicotra 2012) a causa dell’elevate concentrazioni di mercurio, cadmio, piombo, e altri metalli, riscontrate. Nelle acque calabresi sono stati analizzati tonnetti alletterati con la lisca bifida. Le concentrazioni di idrocarburi erano spaventosamente elevate, 1000 ug/Kg oltre il limite consentito dalla legge. Livelli così alti di idrocarburi non vengono generalmente riscontrati neanche nei pesci affumicati. Secondo la letteratura scientifica elevate concentrazioni si riscontrano in prodotti ittici provenienti da mari contaminati (Al-Yakoob et al., 1993; DouAbul et al., 1997; IPCS, 1998). E i vulcani e le estrazioni di Petrolio sono una delle principali fonti di emissione. L’agenzia per la protezione dell’ambiente statunitense (US Environmental Protection Agency, US EPA) ha calcolato il rischio cancerogeno associato alla ingestione di IPA di 1 mg/kg al giorno (slope factor). Partendo dalla questa dose la probabilità di contrarre un tumore è del 10% (Istituto Superiore di Sanità Presenza degli idrocarburi policiclici aromatici negli alimenti. Bocca et alii; 2003- 45 p. Rapporti ISTISAN 03/22). E’ evidente come viene contaminata la catena alimentare. Tutte le sostanze, accumulate, in questi pesci, vengono trasferite all’interno dell’organismo umano attraverso il loro consumo, causando, in molti casi, cancro e malformazioni neonatali (verificatesi ad Augusta e a Gela, ampiamente denunciate, rispettivamente, dal pediatra dott. Giacinto Franco, e dal Genetista Sebastiano Bianca). Ovviamente, gli effetti che possono avere tali inquinanti sui neonati dipendono da: dose, quantità, legame di questi con le proteine plasmatiche, peso molecolare, solubilità (più l’inquinante è liposolubile più passa nel latte materno), grado di ionizzazione, differenza di pH tra sangue materno – latte, e così via. L’immissione in un ecosistema di un inquinante può impattare gli organismi in modo diretto, ma anche influire su ecosistemi e su reti trofiche e zone distanti dal punto dove è partito. Ecco perché e’ importante giocare sulla prevenzione, risanamento e bonifica, ma soprattutto promuovere e consumare le energie rinnovabili, così come impone La Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, la quale fissa obiettivi “Ecosostenibili” per tutti i paesi dell’UE, allo scopo di portare la quota di energia da fonti energetiche rinnovabili al 20 % di tutta l’energia dell’UE e al 10 % di energia specificatamente per il settore dei trasporti entro il 2020. Il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all’energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell’efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate. Per raggiungere tali obiettivi la direttiva europea ha invitato tutti gli stati membri, le regioni e i comuni, ad avvalersi entro il 2020 di un “Piano di Azione energetico Sostenibile” (PAES), un documento che definisce le politiche energetiche di ogni Comune, i quali quelli che hanno aderito della nostra provincia, anche attraverso il patto dei sindaci, avrebbero già dovuto portare i primi risultati. Vivere in un ambiente sostenibile è diventato, oramai, uno dei motivi principali dell’esistenza dell’uomo. L’evoluzione della specie, definita dal suo genoma, dipende dall’ambiente (Giaccone, 1997). Occorre un cambiamento di stile di vita, di visione del mondo. Alla base dell’economia, dal punto di vista ecologico, quello che deve contare è l’interesse della specie e non del singolo individuo, quindi dell’intero genere umano. Quello che serve è la cultura della politica. Promuovere le responsabilità intergenerazionali, accettare il nuovo e promuoverlo, inserire le esigenze dell’ambiente nel processo dello sviluppo socio-economico.
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